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lunedì 5 dicembre 2011


 Se piangono i ministri, cosa devono

fare i lavoratori e i pensionati


di Giorgio Cremaschi

La manovra decisa dal governo Monti è un intollerabile concentrato di aggressioni alle condizioni di vita della maggioranza della popolazione italiana. Il 10% più ricco del paese, che detiene la metà della ricchezza nazionale, pagherà si e no l’1% dei costi della manovra. Il restante 90% paga tutto il resto e la stragrande maggioranza dei costi sono su lavoratori dipendenti e pensionati.
Si va in pensione a 66 anni gli uomini e a 62-63 le donne, una vergogna sociale che colpisce le condizioni di lavoro di chi fatica davvero, di chi non ce la fa ad arrivare alla fine del mese, di chi non ha contributi sufficienti. La pensione di anzianità va a 42 anni, ancora una volta un danno soprattutto per gli operai e per chi fa i lavori più faticosi. Così i giovani verranno ancora una volta imbrogliati, perché sarà per essi sempre più difficile accedere al lavoro. Si blocca la rivalutazione delle pensioni sull’inflazione, una vera e propria carognata che colpisce i redditi già falcidiati dall’inflazione. E poi c’è una valanga di tasse, in gran parte sul lavoro e sui redditi più bassi, da quelle sulla prima casa, all’aumento delle addizionali Irpef comunali e regionali, all’aumento delle tasse sulla benzina, all’aumento dell’Iva, dai ticket sanitari all’aumento dei prezzi dei costi di tutti i servizi sociali.
Di fronte a tutto questo i ricchi pagano con qualche piccola elemosina e le caste vengono lasciate sostanzialmente immuni. Non c’è una patrimoniale sulle grandi ricchezze, non si toccano le spese militari o per le grandi opere o gli sprechi veri della pubblica amministrazione. Qui, insomma, un massacro sociale che si aggiunge a quelli già preventivati dalle manovre del governo Berlusconi. Nel 2012 la somma delle manovre Tremonti-Monti porterà a un salasso di quasi 70 miliardi sui redditi e sulle condizioni sociali della stragrande maggioranza del paese. Di fronte a tutto questo le misure per la cosiddetta “crescita” sono solo sgravi fiscali alle aziende, che significheranno profitti in più per chi già guadagna, ma nemmeno mezzo posto di lavoro aggiuntivo.
Questa manovra è semplicemente la cura greca somministrata all’Italia. E’ la tecnocrazia liberista e bancaria dell’Europa che impone la stessa ricetta ovunque, con gli stessi fallimenti.
La Grecia ha cominciato così un anno e mezzo fa e adesso è alla catastrofe sociale ed economica, senza aver ridotto di un centesimo il peso del debito. La stessa via imbocca l’Italia, con una manovra che avrà un puro effetto recessivo e che quindi potrà anche salvare il bilancio di qualche banca ma farà sprofondare il paese nella miseria.
Bisogna contrastare con tutte le forze queste misure e questa politica. Qui si gioca il futuro del lavoro, dello stato sociale, dello stesso sindacato. Occorre un’autocritica profonda in Cgil per le carte di credito concesse a questo governo che, come si è visto, ha speso tutto il credito ricevuto contro il mondo del lavoro. Occorre andare a uno sciopero generale subito e prepararsi a fronteggiare fin d’ora le nuove misure, quelle annunciate sul mercato del lavoro, che se avranno lo stesso segno della manovra del 4 dicembre, saranno anch’esse terrificanti. Se stiamo sulla strada della Grecia dobbiamo fare una sola cosa, lottare come fanno i lavoratori dei sindacati greci: fino a che le cose non cambiano, in Italia e in Europa. Tutto il resto sono chiacchiere.