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lunedì 30 aprile 2012


Fiat, giudice del lavoro accoglie ricorso Fiom contro Sevel
lunedì 30 aprile 2012
Immagine attivaLANCIANO - Il giudice del lavoro del tribunale di Lanciano ha accolto il ricorso della Fiom Chieti per condotta antisindacale della Sevel Spa, azienda del gruppo Fiat. L'ordinanza del giudice Flavia Grilli e' stata depositata e notificata alle parti nella tarda mattinata. Il 5 marzo scorso la Fiom Chieti aveva depositato il ricorso contro la Sevel per aver "negato efficacia e legittimita' delle 14 nomine Rsa Fiom nell'unita' produttiva di Atessa". Cessare immediatamente la condotta antisindacale, consentire e riconoscere la nomina della Rsa Fiom garantendo alla medesima l'esercizio di tutti i diritti previsti dal Titolo III dello Statuto dei Lavoratori. E' quanto si legge nel decreto con cui il giudice del lavoro del tribunale di Lanciano, Flavia Grilli, ha accolto il ricorso della Fiom Chieti contro la decisione della Sevel spa di non riconoscere i 14 delegati nominati dal sindacato metalmeccanico della Cgil. Il giudice del lavoro, visto l'art.28 della legge n.300/70 (Statuto dei Lavoratori) ha dichiarato "l'antisindacalita' del comportamento della Sevel spa, consistito nell'aver negato l'efficacia e la legittimita' delle nomine dei dirigenti della Rsa Fiom presso l'unita' produttiva di Atessa e tutte le conseguente prerogative sindacali derivanti da tali nomine", si legge nel decreto. "Conseguentemente ordina alla Sevel spa di cessare immediatamente dalla sua condotta intimandole di consentire la nomina delle Rsa Fiom e di riconoscere e garantire alla medesima l'esercizio di tutti i diritti previsti dal Titolo III dello Statuto dei Lavoratori", scrive il giudice. Le 9 pagine del decreto, depositato questa mattina dal giudice Flavia Grilli, dovranno essere affisse, a cura della Sevel spa, "nei locali dell'azienda ed in un luogo accessibile a tutti per un periodo di 20 giorni". La Sevel, joint venture Fiat-Psa (Peugeot-Citroen) e' il piu' grande stabilimento metalmeccanico d'Italia, il piu' grande d'Europa per la produzione di veicoli commerciali leggeri ed e' presente in Val di Sangro dal 1981. Attualmente impiega direttamente circa 6.200 lavoratori, oltre 20mila con l'indotto, per la produzione dei furgoni. Nella galassia italiana della Fiat e' lo stabilimento che produce piu' pezzi al giorno, circa 1.000 furgoni in 24 ore. La Fiom non ha firmato il nuovo contratto Fiat entrato in vigore il primo gennaio scorso anche nello stabilimento Sevel di Atessa.
Stesso ricorso la Fiom lo ha presentato contro la Magneti Marelli di Sulmona.

domenica 29 aprile 2012

RISPOSTA DEI DELEGATI DELLA CNH JESI ALL'ANPI


A nome delle lavoratrici e dei lavoratori della Fiat Trattori di Jesi, i delegati Fiom dello stabilimento, non possono non ringraziare l'Anpi per la vicinanza e per la limpidezza dell'analisi che in poche parole centra la gravità di quanto sta accadendo dentro agli stabilimenti Fiat: l'attacco ai valori che l'anti-fascismo e poi la Costituzione Repubblicana hanno affermato oltre 60 anni fa e ancor oggi validissimi: quelli della libertà delle lavoratrici e dei lavoratori e del sindacato dentro ai luoghi di lavoro. Cogliamo l'occasione per mandarVi un abbraccio ed un impegno ad incontrarci presto.

RSU FIOM CNH JESI

COMUNICATO STAMPA DELL'ANPI JESI


L’ANPI AL FIANCO DELLA FIOM

L’ANPI di Jesi è fermamente convinta che l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori rappresenti tutt’ora una garanzia di libertà, non risultando, peraltro, che la sua abolizione potrebbe in alcun modo giovare a risolvere il problema della crescita, dello sviluppo e dell’occupazione, che dipende da ben altri fattori e che deve essere risolto con provvedimenti organici, diretti unicamente e coerentemente a questi fini.
E’ altresì nostra convinzione che il problema della rappresentanza sindacale in azienda si risolva in un vero e proprio presidio di libertà, corrispondendo non solo alla necessità di una forte e positiva dialettica sindacale, ma anche e soprattutto all’esigenza di attuazione di uno dei principi fondamentali consacrati nell’art.39 della Costituzione: le lavoratrici ed i lavoratori hanno diritto ad essere sempre e comunque, e in ogni caso indipendentemente dalla sottoscrizione del contratto aziendale e nazionale.
Quando si tratta di principi fondamentali, che attengono ai diritti civili, politici e sindacali dei lavoratori e delle lavoratrici, la linea di difesa apprestata dal Sindacato ci riguarda tutti, come cittadini e come persone, perché il lavoro e la dignità nel lavoro appartengono ai fondamenti della convivenza civile.
Per questo solidarizziamo con l’iniziativa della Fiom, nella convinzione fermissima che, nella sostanza, i problemi sollevati riguardano l’intera collettività.
Scelte come quella attuale della dirigenza della FIAT riportano alla nostra memoria esperienze purtroppo tipiche dei regimi totalitari, che auspichiamo vengano al più presto archiviate.
Il Comitato Direttivo della Sezione ANPI di Jesi

Jesi, 29 Aprile 2012

Mirafiori. Primo sciopero sui carichi di lavoro dopo il contratto Fiat

http://www.fiom.cgil.it/auto/fiat/mirafiori/c_12_04_27-sciopero_mirafiori.pdf

giovedì 26 aprile 2012

COMUNICATO RSU FIOM


La Fiom Cgil informa le lavoratrici e i lavoratori che nei giorni 30 Aprile, 2 e 3 Maggio dalle 12:00 alle 14:00; dalle 16:00 alle 17:30; dalle 21:00 alle 22:00, presidieremo con un Camper i cancelli dello stabilimento per dare la possibilità a iscritti e simpatizzanti di eleggere i delegati della Fiom che saranno poi nominati a rappresentarVi all'interno della fabbrica.
Questo in attesa che il Tribunale di Ancona si pronunci sul ricorso da noi presentato in merito al comportamento antisindacale di Fiat, che nega ai suoi dipendenti il diritto a scegliere liberamente l'organizzazione sindacale alla quale appartenere, e a eleggere democraticamente i propri rappresentanti sindacali in fabbrica.
Nella stessa mattinata di Lunedì 30 Aprile dalle ore 12:00 alle 12:30 per chi fa il 1° turno e dopo le 13:00 per chi esce, al seggio Fiom sarà presente il segretario regionale Giuseppe Ciarrocchi che assieme ai delegati terrà una mini-assemblea fuori dei cancelli per spiegare ancora una volta le nostre ragioni e del perchè abbiamo intenzione su questa battaglia di andare sino in fondo.
Vi comunichiamo inoltre che la mattina di Sabato 28 Aprile siete tutti invitati a partecipare a Jesi in Piazza della Repubblica alle ore 10:00 al Presidio che organizzeremo per denunciare alla città e al territorio quando accade dentro le fabbriche della Fiat! E del perchè reprimere i diritti e le libertà di chi lavora, non centri nulla con ciò che facciamo bene da oltre 40 anni: costruire trattori.

Come potete vedere e come spesso è accaduto, non abbiamo intenzione di stare con le mani in mano. Ma di batterci per quel diritto sacrosanto che è la libertà delle lavoratrici e dei lavoratori metalmeccanici dentro ai luoghi di lavoro. Anche chi come la Fiom non è d'accordo deve avere ragione di esistere, se così non è, non neghi solo la democrazia dentro al posto di lavoro, la neghi nel Paese e trasformi la fabbrica in una caserma.
La libertà di chi lavora e del sindacato, diventa allora il presupposto fondamentale per difenderti poi in fabbrica sui ritmi, sugli orari, sulle pause, sul salario e sulla difesa del posto di lavoro. Sul fatto di poter vedere rispettata la tua dignità di persona che lavora!

NON PARTECIPARE AD UNA VOTAZIONE “FARSA” DOVE E' LA FIAT CHE SCEGLIE CHI IN FABBRICA RAPPRESENTA I LAVORATORI! SOSTIENI I CANDIDATI DELLA FIOM CGIL!

Jesi, 26 Aprile 2012 La Rsu della Fiom Cgil

lunedì 23 aprile 2012

ECCO PERCHE' NON DOBBIAMO VOTARLI


Se non può considerarsi democratica una votazione che esclude il sindacato maggiomente rappresentativo della Fiom Cgil, meno che mai il vero scopo della “farsa” è eleggere nuovi rappresentanti sindacali in fabbrica. Ciò che più sta a cuore alla “combriccola aziendalista”, ma in particolar modo alla Fiat, è il consenso dei lavoratori rispetto al nuovo CCSL che cancella il contratto nazionale, nega i diritti, e dove senza ritegno è stato impedito ai lavoratori di poterlo votare, nonostante in 20.000 ne avessero chiesto il Referendum.
Vi diranno così di andare a votare (magari per il Capo!), pensando in questa maniera di legittimare le loro politiche antisindacali e antidemocratiche, per poter poi dire che in fabbrica va tutto bene, e che il dissenso della Fiom e dei lavoratori sul CCSL è stato debellato.
A condire il tutto c'è poi un'altra straordinaria novità del Contratto Fiat! Il fatto che l'Azienda voglia sedere lei stessa dentro la saletta sindacale, facendosi lei stessa “sindacato”, candidando così gli obbedienti e sempre devoti Capi e Quadri Fiat! E se a tutto ciò aggiungiamo lo spettacolo indegno che le tre “pecorelle” di Fim Uilm e Fismic hanno offerto in questi primi 4 mesi dell'anno, è chiaro a tutti che quello che oggi viene messo inequivocabilmente in discussione, è l'esistenza o meno in fabbrica di un sindacato che autonomamente e democraticamente difenda veramente i lavoratori ed il lavoro a Jesi. Anche rispetto a questo, ai lavoratori va detto chiaramente che non è con le logiche filo-aziendali che ci propongono questi signori, che si difendono i trattori a Jesi! Al massimo si difende qualche “orticello”!!
Se non credi alla “favola” che a difendere i tuoi diritti possa essere il tuo capo o un qualsiasi altro responsabile aziendale; o chi come la Fim, la Uilm o il Fismic che hanno spudoratamente mentito raccontandoci che Pomigliano era un'eccezione!

SOSTIENI E VOTA UN SINDACATO DEI LAVORATORI
E NON DELL'AZIENDA 
vota ai cancelli i candidati della Fiom Cgil

P.s. Care lavoratrici e cari lavoratori, questa sera alle ore 21.15 ci ritroveremo tutti alla Camera del Lavoro di Jesi per discutere di tutto questo e per difendere la nostra dignità e i nostri diritti. Raccomandiamo la massima partecipazione di voi tutti.

Jesi, 23 Aprile 2012                La Rsu della Fiom Cgil

domenica 22 aprile 2012


“Il furto della democrazia nelle fabbriche della Fiat”

Il furto è quello relativo ai diritti dei lavoratori il nuovo accordo per il settore Fiat Auto e Fiat Industrial dopo la fuoriuscita della Fiat da Confindustria ha di fatto annullato l’istituto del contratto nazionale, rendendo i dipendenti del gruppo Fiat ‘diversi’, con diritti e doveri differenti da qualunque altro lavoratore metalmeccanico. I 18 turni, le 120 ore di straordinario obbligatorio che portano a 200 le ore annue di straordinario possibili, il taglio di 10 minuti di pausa, la pausa mensa spostata a fine turno, il mancato pagamento di almeno due giorni di malattia in caso di assenze superiori al 3,5% sullo stabilimento, sono ora tutti possibili senza alcuna contrattazione. Un accordo che limita il diritto di sciopero e trasforma i delegati sindacali in ‘controllori’ delle regole per conto dell’azienda”. Una contrazione dei diritti e dell'agibilità sindacale, che si ripercuote sui ritmi di lavoro dentro gli stabilimenti e che, soprattutto, limita l’informazione dei lavoratori e la libera azione sindacale sancita dalla nostra Costituzione. “Perché l’altro furto è proprio quello delle libertà sindacali. Al sindacato non firmatario si impedisce di presentare propri candidati alle elezioni delle Rsa, come accadrà nei prossimi giorni alla CNH di Jesi. Ma come Fiom troveremo il modo per far sentire la nostra voce.

Jesi,23 aprile 2012                                La RSU FIOM CNH 

«Si ritorna a prima degli scioperi del '44»

FONTE: LORIS CAMPETTI - IL MANIFESTO | 21 APRILE 2012  I sostituti in linea per andare a far pipì, la mensa, il rispetto della dignità, la solidarietà Oggi le conquiste di allora spazzate via, con la complicità di una politica che è sempre più distante
«Guarda che io sono giovane, non avevo l'età per partecipare direttamente alla lotta partigiana anche se lassù in Friuli ne ho visti mica pochi di combattimenti». Così si racconta Antonio Pizzinato per spiegare non è "presidente" ma "presidente onorario" dell'Anpi in Lombardia. In effetti è giovanissimo, ha uno sguardo da ragazzino con quegli occhi chiari che sprizzano intelligenza e catturano l'interlocutore. Classe 1932, primogenito di sette figli in una famiglia contadina, Antonio ha cominciato a lavorare come garzone. A Milano si è trasferito nel '47 per fare l'operaio alla Borletti ed è del '47 la sua prima tessera Fiom, a cui seguì dopo un po' di tempo quella al Pci. Tra qualche giorno festeggerà la sua sessantacinquesima tessera Cgil. A fine anni Cinquanta fu inviato a Mosca per frequentare corsi universitari di economia e sociologia prima di far ritorno nella sua patria adottiva, Sesto San Giovanni dove ancora vive, per dirigere prima la sezione della Fiom, quindi la Fiom di Milano e la Camera del lavoro. Nel 1986 è stato eletto segretario generale della Cgil. La sua carriera politica inizia - ammesso e non concesso che fare sindacato, come ha l'ha fatto lui, non fosse far politica - nel '92 come deputato Pds e poi senatore per altre due legislature. Sottosegretario, naturalmente al lavoro, nel primo governo Prodi e nel 2005 vicepresidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli infortuni sul lavoro. L'ultimo congresso dei Ds l'ha vissuto all'opposizione: Pizzinato si è schierato contro lo scioglimento che avrebbe dato vita al Pd.
Tra i tanti impegni che ha come presidente "onorario" dell'Anpi Lombardia, Pizzinato trova anche il tempo per partecipare alle riunioni degli "Amici e amiche della Fiom", un'associazione che ha contribuito a costruire. Come sempre è attento ai cambiamenti della struttura del lavoro, delle soggettività e del rapporto con la politica. In questa conversazione parliamo dell'oggi in relazione al passato, agli anni Cinquanta e alle successive conquiste del movimento operaio che oggi vengono progressivamente cancellate da un padronato arrogante e da una politica distratta, quando non complice.

Antonio, si sta tornando indietro?
C'è un aspetto centrale non chiarito fino in fondo: è in atto una strategia pericolosa per la democrazia. Si comincia con i contratti separati, si prosegue con il cosiddetto accordo di Pomigliano, la disdetta del contratto unitario dei meccanici del 2008, la cancellazione del contratto nazionale sostituito alla Fiat ormai fuori da Confindustria con un contratto aziendale, poi Federmeccanica che lancia i suoi editti contro la Fiom. Il fine è la cancellazione del contratto nazionale e della rappresentanza sindacale democratica. La Fiat, come sempre, fa scuola e intanto lavora per estendere il suo modello contrattuale aziendale a tutta la componentistica, cosicché cominciano a saltare altri contratti di categoria, nella gomma come nella plastica. Il culmine si tocca con la cancellazione della Fiom a cui vengono negati i rappresentanti, l'agibilità nelle fabbriche, le salette sindacali e le bacheche, le trattenute delle quote degli iscritti da parte dell'azienda.

È un film che hai già visto. Senti puzza di anni Cinquanta?
Negli anni Cinquanta c'erano i reparti confino, certo, alla Falk come a Mirafiori; c'erano discriminazioni nei nostri confronti, avevamo una vita grama, ma non si era al punto a cui si è giunti oggi. Io ero in commissione interna alla Borletti, avevamo la nostra saletta e le bacheche anche se non ci facevano partecipare alle trattative. C'erano aziende che pagavano lo stipendio ai lavoratori licenziati per rappresaglia ma non li facevano lavorare. Ci vollero sette mesi di lotta per farli rientrare al lavoro. A fare sindacato nelle fabbriche spesso erano proprio lavoratori licenziati per rappresaglia. Dalle lotte di quegli anni nacque la legge del '66 sulla giusta causa nei licenziamenti, nel '70 arrivò lo Statuto dei lavoratori e nel '74 un'altra legge ricostruì la carriera dei licenziati per rappresaglia nel settore privato. Erano centomila i licenziati per rappresaglia, di cui quarantamila nel pubblico: si trattava di partigiani cacciati dalla polizia, dall'esercito, dalle ferrovie. Pensa che solo nel 2001 siamo riusciti a mettere in regola anche loro, cioè ad applicare la Costituzione con trent'anni di ritardo. 

Come affrontavate i disagi in cui eravate costretti a operare?
Intanto c'era una grande solidarietà umana esterna alla fabbrica, quella solidarietà che non sempre trovavi nei reparti per il ricatto continuo a cui erano sottoposti gli operai. Noi alla Borletti facevamo anche produzione militare, per esempio le spolette per la Nato. Allora il padrone, che era anche vicepresidente della Confindustria, lanciò un appello a non votare per la Fiom: se vincono quelli lì, diceva, perdiamo le commesse e i seicento lavoratori a termine - c'erano anche allora - non avranno il rinnovo del contratto. C'era la lettera dell'ambasciatrice americana Clare Boothe Luce che chiedeva di ripulire le fabbriche dai comunisti e militanti della Cgil e c'era Valletta che alla Fiat faceva il lavoro sporco. Noi giravamo i quartieri e i paesi e trovavamo la solidarietà dei lavoratori, delle famiglie, dei cittadini. Tra il '56 e il '57 cominciammo a riconquistare i nostri diritti, con fatica, pazienza e tante lotte, ma grazie anche alla coscienza delle grandi masse sulle condizioni dei lavoratori. La svolta vera arrivò con la lotta degli elettromeccanici nel biennio '59-'60.

Come è cambiato il lavoro negli anni Cinquanta?
Con l'arrivo delle macchine automatiche, le catene e i tappeti di montaggio. I professionali hanno lasciato il posto agli operai di linea che lavoravano a ritmo costante. In Lombardia gli abitanti aumentarono di due milioni, arrivarono immigrati da tutto il paese, cambiò la condizione umana. Io ero al reparto esperienze e prove ma avevo di fronte le operaie alla catena che non potevano lasciare il posto neanche per andare a fare pipì, erano costrette a fingere lo svenimento per poter andare in infermeria e, finalmente, al gabinetto. Così c'inventammo le pause. Poi capimmo che la pipì non si può fare tutti insieme a comando, quando scappa scappa. Allora ci inventammo i sostituti che consentivano agli operai di assentarsi senza dover fermare la linea. Le pause, definite in rapporto alla velocità delle linee e dunque alla cadenza, furono assunte nel contratto del '57. Nel '62 entrarono nel contratto con l'Intersind dopo gli scioperi all'Alfa, contratto che anticipò quello con Confindustria mentre alla Fiat ci vollero altre lotte per strappare il diritto alle pause e ai sostituti. Capisci come posso reagire sentendo che la Fiat impone riduzioni delle pause mentre si intensificano i ritmi di lavoro?

Persino la mensa, nel contratto Fiat, è posticipata a fine turno e può essere negata in caso di straordinari.
Lo sai che il diritto alla mensa fu conquistato con gli scioperi del '44, quando fu emesso un decreto prefettizio per la provincia di Milano? Solo negli anni '60 diventò legge generale e nel '70 divenne un diritto contrattuale, ma anche in questo caso perché venisse accettato dalla Fiat furono necessari altri scioperi. Adesso, con la mensa a fine turno e solo se non ci sono esigenze superiori si è tornati a prima del '44.

Quali arretramenti nel campo dei diritti ti colpiscono di più?
Mi ferisce la messa in discussione del rispetto per la persona umana. La riduzione dei diritti fisiologici degli operai cancella la dignità delle persone, diventi in tutto e per tutto subalterno, persino per la merce c'è un rispetto maggiore che per chi lavora. In una fase in cui il cambiamento è più dirompente che negli anni Cinquanta servirebbe un rapporto completamente diverso, partecipato, rispettoso verso chi presta la sua opera mentre si pretende di umiliare gli operai. I cambiamenti strutturali e nell'organizzazione stanno frantumando il lavoro con l'esplosione di appalti, terziarizzazioni e la moltiplicazione delle forme contrattuali, cosicché non esiste più il contratto unico e a parità di prestazione lavorativa non c'è parità di trattamento, orari, salari, diritti, sicurezza. C'è da rabbrividire se si pensa che il primo contratto nazionale firmato dalla Fiom alla Fiat data 1906, mentre nel 2012 si cancella il contratto nazionale di categoria.

All'attacco ai diritti a chi lavora si affianca l'attacco ai diritti sindacali, con l'organizzazione più rappresentativa che viene espulso dalla Fiat.
Mentre nel pubblico impiego la rappresentanza sindacale è garantita da una legge con regole condivise e c'è la possibilità di promuovere referendum, la stessa cosa non siamo riusciti a garantirla nei settori privati. Ricordo che nel luglio del '99 avevamo portato nelle aule parlamentari una legge, relatore Gasperoni, sulla rappresentanza e avevamo approvato 9 capitoli su 12. Poi D'Alema se ne dimenticò e neanche si presentò, la destra lasciò l'aula e non se ne fece mai più niente. Da qui, da una legge sulla rappresentanza e la democrazia bisogna ripartire subito, perché vengono rimessi in discussione lo Statuto dei lavoratori e la Costituzione.

Di rotture sindacali ne hai già conosciute altre, drammatiche, sessant'anni fa. Come si può ricostruire oggi un rapporto con la Fim e la Uilm che procedono come treni ad alta velocità sulle nuove regole antidemocratiche imposte dal padrone e sostenute dalla politica?
Come negli anni Cinquanta, quando con pazienza costruimmo unitariamente nuove relazioni partendo proprio dalle condizioni materiali dei lavoratori, partendo dai problemi concreti come il diritto a fare la pipì quando ti scappa. Questa è la strada da seguire per ricostruire l'unità dal basso. Non penso solo alla fabbrica o al cantiere navale: prendi un ospedale: prima c'era il contratto unico mentre ora le pulizie, la mensa, il pronto soccorso, persino molti servizi medici sono appaltati. Ci muoviamo nella giungla. Si vogliono far passare i contratti alle condizioni previste nei paesi d'origine dei dipendenti degli appalti, come è stato fatto (dall'allora ministro di centrosinistra Burlando, ndr) nelle navi per il personale viaggiante. Insisto sulla necessità di riconquistare il contratto unico e la rappresentanza unica dei lavoratori.

Negli anni Cinquanta i lavoratori della Fiom erano discriminati ma avevano un forte sponda, una rappresentanza politica. C'era il Pci di Pugno e Garavini. Oggi il Pd di Torino ha nominato resposabile per il lavoro l'ex segretario del Fismic, che altro non è che il Sida inventato da Valletta e successivamente ribattezzato.
C'è un non rapporto tra le forze politiche e i mondi del lavoro, soprattutto con alcuni di questi mondi. L'assenza di attenzione ai problemi e alle condizioni di chi lavora pesa sul piano politico e istituzionale. La maggior parte dei lavoratori sta in aziende con meno di 10 dipendenti e non trova interlocuzioni con la politica. Sapessi quanti giovani mi fermano sul metrò o alle riunioni dell'Anpi per parlare di quello che non riescono a discutere in alcuna sede: il lavoro. Del resto, la discussione in atto in parlamento per modificare le leggi che regolano il mercato del lavoro è illuminante sulla distanza della politica dalla vita dei lavoratori. C'è da dire che la frantumazione del lavoro contribuisce a cancellare ogni forma di rappresentanza. Urge un salto di qualità politico-culturale all'altezza della situazione che sta cambiando e richiede nuove norme, nuove regole, nel rispetto della dignità del lavoratore.

Per parlare ai lavoratori la Fiom è costretta a mettere le tende o i camper davanti alle aziende in cui le è impedita l'attività sindacale.
Io penso che non siano sufficienti i camper: il sindacato dovrebbe fare i turni per tenere aperte le sedi nei paesi e nei quartieri fino alle dieci di sera, restituendo ai lavoratori e ai cittadini del territorio un luogo aperto in cui incontrarsi, discutere, ricostruire obiettivi unitari. Le sedi sindacali devono essere case comuni.

mercoledì 18 aprile 2012

PER LA DEMOCRAZIA


E' democratica una consultazione che esclude il sindacato maggiormente rappresentativo?
Nei prossimi giorni Fim, Uilm, Fismic e Associazione Capi e Quadri vi chiederanno di votare i loro candidati in un rinnovo della RSA che è contro ogni principio democratico della storia di questo Paese. Hanno infatti deciso assieme alla Fiat l'esclusione dell'organizzazione sindacale che con il 52% vanta il maggior numero di consensi tra i lavoratori all'interno dello stabilimento: la Fiom Cgil.
Per questo nelle stesse giornate organizzeremo una contro-elezione ai cancelli della fabbrica presentando una lista di nostri candidati tale da dare la possibilità agli iscritti e ai simpatizzanti di sostenere la Fiom, di votare i suoi rappresentanti, e di difendere la democrazia e i diritti sindacali dentro ai luoghi di lavoro. Tutto ciò in attesa che il tribunale di Ancona emetta una sentenza sulla antisindacalità o sull'anticostituzionalità del CCSL Fiat.
Dopo che ci hanno impedito di votare con un referendum il Contratto Fiat, dopo che ci impediscono di presentare la nostra lista e di votare i nostri rappresentanti sindacali, cercano adesso la legittimazione dei lavoratori e dell'accordo capestro che hanno siglato con la Fiat. Dopo il danno la beffa!

Per questo diciamo NO a chi nega alle lavoratrici e ai lavoratori il loro diritto a scegliere liberamente
il sindacato e i rappresentanti che vogliono! Non accettiamo di votarli e sosteniamo invece
con il voto i candidati della Fiom Cgil! 

Jesi, 19 Marzo 2012 La Fiom Cgil

"MANIFESTAMENTE INSUSSISTENTI" 16 Aprile 2012


lunedì 16 aprile 2012

Per la difesa dell'art.18, dei diritti, e della dignità nei posti di lavoro.












Ancona, 16 aprile 2012 - Protesta dei lavoratori contro la riforma del lavoro e con la nuova formulazione dell'art. 18: dopo un sit in davanti al casello di Ancona nord, un migliaio di manifestanti della Fiom-Cgil sono entrati nell'autostrada A14.  Chiusi, per circa un'ora, per i tratti tra Senigallia e Ancona nord in direzione di Pescara e tra Ancona sud e Ancona nord in direzione di Bologna.
I manifestanti hanno fatto esplodere petardi e fumogeni e intonando slogan contro il ministro Elsa Fornero e contro la riforma del mercato del lavoro: ''l'art. 18 non si tocca''. La zona e' presidiata da agenti di polizia, carabinieri e guardia di finanza in assetto antisommossa. Il casello era gia' stato chiuso in uscita, cosi' come gli accessi dalla SS 76.
Secondo il segretario regionale della Fiom Cgil Giuseppe Ciarrocchi, ci sono dipendenti dei cantieri navali e delle aziende metalmeccaniche della Vallesina. Uno striscione di una decina di metri con la scritta ''Manifestamente insussistenti'' apre il corteo, che e' scortato dalle forze di polizia.
''La scritta - spiega Ciarrocchi - fa riferimento alla nuova formulazione dell'art. 18 e alle motivazioni per il reintegro, ma soprattutto al ruolo dei lavoratori sempre piu' marginalizzati e 'inesistenti''

venerdì 13 aprile 2012

COMUNICATO RSU FIOM JESI


DOPO IL GRAVE ATTACCO ALLE PENSIONI
A DIFESA DELL' ARTICOLO 18
E PER UNA VERA RIFORMA DEL MERCATO DEL
LAVORO CHE ESTENDA I DIRITTI E LE TUTELE

LA FIOM DI ANCONA PROCLAMA
LUNEDI' 16 APRILE 2012
4 ORE E MEZZO DI SCIOPERO

1' turno: 8.30-13.00
centrale: 8.30-12.30/ultima mezz'ora
pomeriggio: 16.30-21.00
notturno: 00.30-5.00

Assieme ai lavoratori di Ancona, Jesi e Ancona Sud ci ritroveremo a manifestare al casello autostradale di Castelferretti. Per arrivarci alle ore 8.30 davanti ai cancelli dello stabilimento avremo a disposizione un pullman che ci porterà al punto di ritrovo previsto per le ore 9 al centro Commerciale Gigolè, poco distante dall'imbocco autostradale.

Informiamo inoltre i lavoratori e le lavoratrici che alle ore 17 dello stesso giorno ci ritroveremo con tutti coloro che vorranno partecipare alla Camera del Lavoro di Jesi con il segretario regionale Giuseppe Ciarrocchi e i delegati per discutere insieme la lista di candidati che la Fiom intende presentare al prossimo rinnovo RSA annunciato dalle altre organizzazioni sindacali.

SOLO SE PARTECIPI DIFENDI LA
DEMOCRAZIA E I TUOI DIRITTI!


Jesi, 13 Aprile 2012                                         La Rsu della Fiom Cgil

giovedì 12 aprile 2012


FIAT
Voto “farsa”  per le Rsa

Il 12 aprile nella Fiat di Cassino si sono svolte le elezioni delle Rsa,sulla base del regolamento
definito dalle organizzazioni sindacali firmatarie del CCSL con Fiat.
Quel regolamento ha negato la partecipazione della Fiom-Cgil
Quindi i lavoratori non hanno potuto liberamente scegliere il sindacato e i rappresentanti che
volevano.
Per effettuare le elezioni Fim, Uilm, Fismic e Ugl hanno utilizzato tre ore di assemblea retribuite.
Non si è fatto discutere e votare i lavoratori sul contratto, sull’art.18, sulle pensioni, sulle
prospettive di Cassino, sui nuovi modelli, sul futuro dello stabilimento, ma si è utilizzato il diritto
individuale all’assemblea solo per effettuare una farsa e uno scempio della democrazia.
La Fiom ha presentato la sua lista ai lavoratori e alle lavoratrici e ha organizzato il voto
davanti ai cancelli.
Alla Fiat di Cassino
ben 965 lavoratrici e lavoratori, su 3842 dipendenti hanno votato liberamente la
lista della Fiom.
Nelle elezioni Rsu del 2009 la lista della Fiom aveva raccolto 546 consensi

Alla Magneti Marelli  Industrie Plastica di Cassino  il 50% dei lavoratori hanno
votato la lista della Fiom 

La Fiom ringrazia i lavoratori e le lavoratrici per il coraggio dimostrato nel votare
la lista Fiom in barba alle pressioni delle organizzazioni sindacali acquiescenti e
alle intimidazioni messe in atto dalla Fiat .

Questo voto dimostra che la Fiat e le Organizzazioni sindacali firmatarie del CCSL
non hanno il consenso che sbandierano.
La Fiom forte del consenso continua la sua battaglia per riportare  la libertà sindacale e la 
democrazia nelle fabbriche Fiat.


Cassino, 12 aprile 2012
                                                      Fiom Nazionale, Fiom Lazio, Fiom Frosinone

venerdì 6 aprile 2012

Intervista a Maurizio Landini di Enrico Marro, Corriere della sera 6 aprile 2012


Maurizio Landini boccia il governo. Ma anche la Cgil di Susanna Camusso, soddisfatta del ritorno della possibilità del reintegro sui licenziamenti economici. Il leader della Fiom conferma invece il giudizio negativo su tutta la riforma del mercato del lavoro e chiede alla Cgil di non far marcia indietro e di attuare gli scioperi previsti. L’analisi di Landini lascia poco spazio al dialogo. «Vedo la stessa logica nella riforma delle pensioni e in questa del mercato del lavoro. Ed è una logica sbagliata».
Secondo il governo tecnico si tratta di riforme necessarie.
«Non siamo di fronte a un governo tecnico, ma a un governo politico che sta facendo scelte che rispondono alla lettera inviata ad agosto dalla Banca centrale europea, che continua a dire che per uscire da questa crisi bisogna tagliare lo Stato sociale, rendere più facili i licenziamenti e ridurre la contrattazione. Siamo quindi in presenza di un disegno preciso, lucido da parte del governo Monti, di riforme strutturali sbagliate».
Il governo parla di soluzioni equilibrate. «Monti e Fornero dicono con molta schiettezza quello che pensano. Spesso non condivido, ma
riconosco loro una chiarezza e una coerenza tra quello che dicono e quello che fanno».
Perché è così negativo sulla riforma del mercato del lavoro?
«Innanzitutto perché non riduce la precarietà. Non è vero che darà un lavoro stabile ai giovani. Restano i 46 tipi di contratti che c’erano prima. Anzi, il governo ha appena recepito una direttiva europea sul lavoro interinale che peggiora le condizioni perché supera causali e tetti e prevede la possibilità di sottopagare i lavoratori svantaggiati».
C’è una stretta su partite Iva, contratti a progetto, associazioni in partecipazione. Questo non riduce la precarietà?
«No. Bisognava cancellare i contratti che generano precari».
Il governo ha messo circa due miliardi all’anno sugli ammortizzatori sociali. Nemmeno questo va bene?
«Non c’è l’universalità degli ammortizzatori, perché non c’è la cassa integrazione nelle aziende con meno di 15 dipendenti e perché la nuova indennità di disoccupazione, l’Aspi, che tra l’altro sostituisce l’indennità di mobilità peggiorandola, mantiene una soglia di accesso alta, con 52 settimane di lavoro in due anni. Questo significa che molti precari che perdono il lavoro resteranno senza tutele».
Per loro c’è la mini Aspi.
«Che appunto è mini. E anche qui, comunque, c’è una soglia di accesso mentre sarebbe stato necessario estendere a tutti i lavoratori l’indennità e prevedere un reddito di inserimento».
Veniamo all’articolo 18.
«È stato svuotato il senso e il contenuto dell’articolo 18. Oggi il licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo da diritto al reintegro nel posto di lavoro. Con la proposta del governo, che spacchetta i motivi del licenziamento, il risultato è che in molti casi non c’è più il reintegro ma un risarcimento economico».
Dopo il pressing dei sindacati e del Pd la possibilità del reintegro è stata introdotta anche sui licenziamenti economici illegittimi, che nella prima proposta del governo venivano soloindennizzati.
«Si tratta di un miraggio. Basta leggere il disegno di legge e ascoltare quanto dice lo stesso presidente del Consiglio che ha appunto spiegato che il reintegro sui licenziamenti per motivi economici sarà l’eccezione “in casi estremi e improbabili”, afferma mentre la regola sarà l’indennizzo. Non lo dico io, lo dice Monti e lo ha detto anche il ministro Fornero».
Nessun passo avanti allora?
«In queste settimane i lavoratori si sono mobilitati e hanno scioperato perché l’articolo 18 non venisse modificato, invece è stato smantellato. Per questo bisogna continuare la lotta, per cambiare la legge in Parlamento».
Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, non ha fatto un buon lavoro?
«Ha fatto la sua parte. Io da sindacalista dico che è stato tolto un diritto ai lavoratori, peggiorando la loro condizione e rendendo più facili i licenziamenti. Questo è un arretramento inaccettabile».
Il mondo cambia e anche noi dobbiamo cambiare, dice Fornero. Non crede che ci sia bisogno di un mercato del lavoro più dinamico ed efficiente?
«Questi sono slogan vuoti. Non è vero che in Italia le imprese investono meno perché c’è l’articolo 18. Da questa riforma non verrà fuori un posto di lavoro che sia uno. Prima della crisi, quando l’occupazione aumentava, l’articolo 18 c’era. in ogni caso i posti di lavoro si creano con un piano di investimenti pubblici e privati e recuperando soldi sull’evasione fiscale, la corruzione e distribuendo meglio la ricchezza».
Come si spiega lei la nota della segreteria Cgil che invece dà un giudizio positivo sul ritorno del reintegro sui licenziamenti economici?
«Non me la spiego. Io sto alle decisioni del direttivo Cgil che ha proclamato 16 ore di sciopero. Non ho cambiato idea, perché sull’articolo 18 il diritto resta leso. Il licenziamento ingiusto che non preveda il reintegro ma solo l’indennizzo non è mai stata la linea della Cgil».
È vero che la Fiom ha invitato il ministro Fornero a un incontro? Quando si farà visto che ieri il ministro ha detto che accetta?
«Sono stati i lavoratori dell’Alenia di Torino a chiedere di poter discutere col ministro, che tra l’altro è torinese, perché vorrebbero raccontare il loro punto di vista. Dopo la disponibilità di Fornero immagino che nei prossimi giorni si organizzerà l’incontro».
Ci sarà anche lei?
«No, hanno invitato il ministro. Io all’Alenia ci sono già stato e ci tornerò in un’altra occasione».

giovedì 5 aprile 2012


 Un pasticciaccio brutto di regime



di Giorgio Cremaschi
Ancora una volta quello che fa più disgusto è il regime politico informativo che canta vittoria senza spiegare nulla. Da un lato il Presidente del Consiglio che dichiara entusiasta che con questo provvedimento è più facile licenziare e che le aziende non hanno più alibi. Dall’altro il Partito democratico che canta vittoria perché ha tutelato i lavoratori. Cisl e Uil, che avevano già approvato il precedente provvedimento, ora dicono che va bene questo. La Cgil aspetta i testi, come se le dichiarazioni dei ministri non valessero nulla. In questo insopportabile teatrino si esalta il successo italiano, mentre lo spread risale e le condizioni sociali delle famiglie precipitano. Tutto questo è solo la dimostrazione che non solo l’Italia non sta uscendo dalla crisi, ma per colpa della sua classe dirigente vi sta precipitando con più velocità di prima.
Vediamo testardamente il merito. Con l’attuale articolo 18 se un lavoratore viene licenziato ingiustamente, e questa ingiustizia è riconosciuta da un giudice, il lavoratore vittima ritorna a lavoro con la reintegra. Cosa succederà se passa questa nuova legge? Che si creerà una vasta zona grigia di lavoratori la cui ingiustizia nel licenziamento è sufficiente per ottenere un piccolo indennizzo, ma non tale da garantire la reintegra. E’ la stessa zona grigia che si è creata per gli esodati, troppo vecchi per lavorare e troppo giovani per andare in pensione. Anche con la controriforma delle pensioni ci fu lo stesso coro, nessuno si accorse del disastro che si preparava e adesso non sanno ancora i numeri di chi è stato vittima del massacro. La sostanza del provvedimento è che l’articolo 18 viene scardinato, rendendo la reintegra nel posto di lavoro l’ultima ed estrema soluzione in caso di licenziamento ingiusto. 
Questo comporta anche, contrariamente a quanto afferma Bersani, l’inversione dell’onere della prova come è nello spirito stesso del nuovo dispositivo di legge. Infatti, con l’attuale articolo 18 spetta al padrone dimostrare che il licenziamento è giusto, altrimenti c’è la reintegra. Questo è il garantismo, che però nell’Italia di oggi si usa solo per i potenti, i politici e i padroni e non per gli operai. Con il nuovo regime è chiaro che tocca al licenziato dimostrare la particolare malafede dell’imprenditore. E’ infatti stabilito che la reintegra c’è solo in casi estremi, mentre normalmente nel caso di licenziamento ingiusto c’è l’indennizzo, cioè si perde comunque il posto di lavoro. Toccherà al lavoratore assumere giuristi, psicologi, investigatori, commercialisti, per dimostrare nel processo la malafede del padrone altrimenti, visto che secondo il governo e secondo la sua interpretazione dell’articolo 41 della Costituzione il potere dell’impresa non è sindacabile, il padrone potrà licenziare come vuole. E tutto questo in un momento di crisi economica. Ecco, la cosa più stupida e in malafede di chi sostiene questo provvedimento è il tacere sul fatto che si liberalizza il licenziamento economico in un momento di caduta e crisi economica. Cioè si autorizza un massacro sociale. Il Sole 24 Ore nell’edizione di oggi, 5 aprile, mette tre quadratini rossi a danno dei lavoratori e tre quadratini verdi a favore delle imprese sui provvedimenti che cambiano l’articolo 18. Il giornale della Confindustria onestamente ammette che i lavoratori vedono diminuita la loro tutela. Può non bastare questo alla Confindustria, alle banche e anche alle cooperative rosse, che sono sempre più ingorde del dovuto, ma resta il fatto che questa è un’autentica controriforma del lavoro, che distrugge diritti, che rende tutte le lavoratrici e i lavoratori più deboli di fronte all’impresa – lo ripeto – in un momento di crisi economica.
Oramai è chiaro che la lotta per i diritti delle persone e la lotta contro il regime politico e informativo che ci governa sono la stessa cosa. Stiamo andando nella stessa direzione della Grecia. Le misure che vengono prese dal governo italiano sono le stesse che in tutta Europa stanno distruggendo l’economia e la società. La crisi economica si aggrava per colpa di Monti, Merkel, Sarkozy, Draghi e di tutte quelle forze politiche che li sostengono. Dopo il pasticciaccio brutto dell’articolo 18 dobbiamo diventare ancora più rigorosi e severi nel giudicare i governi, le istituzioni e la stampa. Dobbiamo scendere in piazza per l’articolo 18 e contro il regime delle banche. Non facciamoci imbrogliare, andiamo avanti, facciamoci sentire e pretendiamo lo sciopero generale. 

domenica 1 aprile 2012

LASCIO IL SINDACATO - lettera di iscritto Cisl a Bonanni


Amici, vi saluto. Me ne vado via dal sindacato. Vi devo però delle spiegazioni anche se la mia fuoriuscita non ha nulla di eclatante, né avrà ripercussioni organizzative, dal momento che non ricopro alcun ruolo direttivo. Ve le devo per il rispetto che meritate. In questi giorni ho assistito sgomento e incredulo al precipitare delle consultazioni che il governo ha attivato con le parti sociali per la riforma del mercato del lavoro. Di consultazione si è trattato, è evidente, di un'audizione scevra da volontà pattizie, non già di concertazione o di negoziazione, come ancora qualcuno sostiene. Ancora una volta i sindacati si sono trovati dinnanzi a comandi, per lo più ultimativi e immodificabili, con la sola prospettiva di "firmare", con un avallo supino, il verbale di garanzia di una resa collaborativa (consociativa, dice Monti). Oggi, come in occasione del "Decreto Salva Italia", il consenso delle parti viene ricercato, ma solo per sedare preventivamente le prevedibili reazioni sociali provocate dagli interventi intrapresi, e non per negoziare il merito degli stessi. Questo è concordato unilateralmente con i potentati finanziari e imprenditoriali, anzi è da loro dettato, pubblicamente e senza riserbo. La filosofia che ispira questo governo assolutista è palese: i costi della crisi devono ricadere tutti sui lavoratori dipendenti e sui pensionati, con buona pace delle retoriche professorali che ci vengono inflitte e dei buoni propositi, che tutti condividiamo. Ha detto bene Pierre Carniti: un sindacato con le mani legate e ridotto al ruolo di notaio non firma accordi. Prende atto, al limite subisce, quando va bene reagisce, ma non collabora con le ragioni di chi vuole imporre questo odioso dominio. Oppure - questa è la domanda che oggi mi pongo, il dubbio che mi tormenta - il sindacato collabora perché ne condivide le ragioni e gli strumenti?
La scelta di Bonanni (scelta della Cisl) mi appare davvero collusiva. È figlia della sostanziale condivisione di un orizzonte di senso e di una posizione ideologica. Liberista o neo-liberista, nel caso in questione. Di una medesima definizione di realtà, di un identico racconto del mondo che, alla fine, ha recintato anche il sindacato, con la forza del pensiero unico e con una insidacabile, è il caso di dirlo, pretesa di oggettività. Nel merito dei fatti recenti, a nulla vale ricordare, dati alla mano, che non è possibile confermare l'esistenza di una correlazione tra maggiore precarietà e minore disoccupazione. Ovvero tra indici di protezione del lavoro e tassi di disoccupazione. Davvero, in tutta coscienza, possiamo credere che la fuga di capitali è un problema legato all'art. 18? Possiamo credere che l'austerità aiuta la crescita, che i tagli riducono lo spread, che l'allungamento dell'età pensionabile facilita l'ingresso nel mercato del lavoro dei più giovani, che la libertà di licenziamento aumenta l'occupazione? Insomma, di cosa stiamo parlando?
È evidente che il problema non è l'articolo 18. Non lo è nemmeno per le aziende. C'è in gioco qualcosa di più importante, a mio avviso. L'identità stessa del sindacato e il suo ruolo. Ovvero, per quanto mi riguarda, la mia identità di lavoratore associato al sindacato. La mia sicurezza, la mia libertà e la mia dignità (dice la Costituzione), che non possono essere vendute come merce nei mercati globalizzati, tenuti in ostaggio dalla finanza. Parlo dunque di me. Sono entrato in Cisl quasi due anni fa. Mi attirava allora la promessa di una crescita personale e professionale e il bell'esempio di alcune persone che ho imparato a stimare e che considero maestri. Ho portato con me la mia esperienza, le mie contraddizioni, i miei conflitti, i miei dubbi, la mia diversità. La mia voglia di studiare, nel corpo vivo del lavoro, i problemi del lavoro. Il mio desiderio di partecipare. In questi giorni però si è rotto un equilibrio delicato (capisco solo adesso quanto fosse debole e minacciato) e non posso tacere a me stesso e a voi il mio disorientamento. Né questo mio rifiuto. (...) Proverò a declinare diversamente quella voglia di partecipare e di essere parte attiva che mi accompagna fin dall'adolescenza. La Cisl mi appare oggi come un sindacato di destra. E sì, in questo, è autonomo, come vuole il Preambolo. Non cambia il suo indirizzo a seconda dell'interlocutore politico di riferimento, sia esso Berlusconi, Brunetta, Sacconi o Monti. Mi appare come un sindacato ricco, con le casse piene di oro, che però - come una chiesa barocca e controriformista - chiude fuori sui gradini il magro giorno di milioni di persone che non hanno accesso alle sue liturgie negoziali. Chiude fuori la teoria di mendicanti con il cappello in mano. Parlo della mia generazione, dei miei amici, della mia ragazza, di tutto un mondo che il sindacato ignora e non difende. Per il quale il sindacato è solo un inutile apparato parassitario o, peggio, un nemico pronto a tradire le ragioni dei lavoratori. Ho visto un sindacato sclerotizzato nei cerimoniali di potere interni, un'organizzazione feudalizzata, spesso peggiore delle aziende con cui si rapporta. Un sindacato che probabilmente tra dieci o vent'anni sarà un'associazione di pensionati (ho il massimo rispetto per i pensionati, anche se con ogni probabilita non avrò mai una pensione) e di clienti più o meno soddisfatti che comprano i suoi servizi a bassa soglia.
Per costruire un mondo migliore, mi dico, bisogna innanzitutto pensarlo possibile. Bisogna sottrarsi dalla stretta dell'ideologia dominante che ci incarcera (e incarcera il sindacato) nei vincoli delle compatibilità dettate dalla finanza: la nuova teologia contemporanea. Ha ragione Carlo Smuraglia quando dice che l'art. 18, nel sistema del diritto del lavoro, equivale al principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione. Lo traduce anzi, gli dà corpo. Ha ragione Umberto Romagnoli quando dice che la libertà del lavoro è uguale a se stessa sempre e in ogni circostanza. E non si spalma come la marmellata. Vedete, c'è un mondo intero intorno a me che urla la sua ragione, e reclama un posizionamento radicale rispetto ai problemi che abbiamo dinnanzi. Radicale e non estremista. Vorrei sentire parlare di vera universalià, di allocazione universale garantita, di reddito di cittadinanza. Di questo voglio parlare. Ecco: questo governo confindustriale può riconsegnare al datore di lavoro la possibilità di licenziare a propria discrezione, la facoltà di liberarsi di un lavoratore pagando, ma mi aspetto che lo faccia da solo. Senza l'accordo del sindacato.Non del mio, almeno. E che se ne assuma la responsabilità dinanzi al Paese. Per questo me ne vado e penso così di fare la mia parte. Restituendovi la mia tessera. La mia delega. Non a voi, come persone, ovviamente: a voi va il mio grazie e una bella stretta di mano.